
MORE VENETO
Romanzo
Padova, Cleup, 2017
In copertina:
Giorgione, Ritratto di vecchia (Col tempo), Venezia, Gallerie dell’Accademia
Il libro è dedicato alla memoria della madre dell’autrice, insegnante Anna Arciero
Lucia Zaramella, “More veneto” di Daria Martelli. Premio «Il paese delle donne» per la narrativa 2018”. Recensione.
Passato e presente, rigorosità della ricerca delle fonti, creatività della narrazione fantastica s’intrecciano sapientemente nell’ultima opera di Martelli: More veneto. Il romanzo cattura il lettore, lo incuriosisce, lo interroga fin dal titolo, lo tuffa con levità nella storia del Veneto del sedicesimo secolo. Già nel titolo, infatti, More veneto, “al modo dei veneziani”, si condensa il brillante, singolare passato dei veneziani, che facevano iniziare l’anno il primo di marzo, adottando una loro peculiare datazione, come testimoniato in un documento del 1582 (ivi, p. 80).
Un treno che corre verso la pianura padana, da Firenze a Venezia, metafora di movimento, di cambiamento, di desiderio di scoperta, è l’incipit del romanzo. Lorenza, la protagonista, una giovane giornalista, profondamente provata dal matrimonio in crisi e dalla recente morte della madre, vuole ritrovare se stessa. A Venezia vive la sua vecchia amica Dia (diminutivo dell’antico nome Diamante), allegra, tutta concentrata sul presente, che le trova un appartamentino dalla signora Marin, una donna accogliente, con cui scambiare meza cicara de cafè bon e do ciacoe, proprio come due comari.
Alla Biblioteca Marciana Lorenza, che lavora per la televisione, cerca materiale per un’inchiesta sulla disoccupazione giovanile e, per un suo casuale errore, le viene consegnato, anziché quello richiesto, un vecchio volume polveroso: Il giardino delle donne di Limpida Sorgente, pseudonimo di Chiara Fontana, morta di parto nel 1592.
Dopo l’iniziale irritazione, comincia per Lorenza un percorso a ritroso, ricco di emozioni, che, nella ricerca di ricomporre il puzzle della vita di Limpida Sorgente nel suo tempo, le permette di “leggere” il proprio presente con auto-consapevolezza e di ricomporre la propria identità e la propria vita.
Evidente, nel romanzo, è la trasposizione di Moderata Fonte, pseudonimo di Modesta Pozzo de’ Zorzi (1555-1592) con la sua opera Il merito delle donne, ma anche di Anna Jaquinta, che l’ha rinvenuta e portata alla luce nel 1978, e della stessa Martelli con le sue ricerche archivistiche condotte a Venezia.
Una storia di donne, intessuta dai fili della narrazione in un presente che riporta a galla un passato misconosciuto, prendendone luce: quello della condizione di genere, in una Venezia unica, autentica, che sa di muffa e di gatto, ma dove nulla si perde, dove ogni pietra, ogni ponte, ogni calle riannoda in modo vivo la Storia, quella dei vivi e quella dei morti.
Si tratta di un’opera affascinante, ricca di stimoli e di riflessioni, che rimanda a vari livelli di lettura, un’opera che in modo piacevole e garbato ammicca al “genocidio della memoria, perpetrato sulla parte femminile della società, nonché sulle sue opere” (ivi, p. 60), un’opera che è anche un percorso interiore di liberazione da condizioni di vita stereotipate e costrittive per le donne.
E poi ci sono i rii, le calli, i muri scrostati, i circa quattrocento ponti… Già, i ponti, che portano oltre, che aprono visioni nuove, nuovi scorci. C’è il dialetto che, con la sua efficace immediatezza, rende i dialoghi “leggeri”, realistici, divertenti… “Dialetto? Ma quale dialetto!” Una lingua, dotata di una sua nobiltà storica!
E gli uomini? Si possono definire presenze nel complesso marginali: Ludovico, ex marito di Lorenza, Simone, ex datore di lavoro, di lei invaghito, egoisti ed incapaci di ascoltare ed amare con reciprocità; il veneziano Massimo, il nuovo datore di lavoro, cordiale ed efficiente, e Ted, l’americano.
Con Ted la protagonista stabilisce un’intesa profonda, che sa di rispetto, di scambievolezza, di “venezianità”. Un nuovo amore? Un nuovo matrimonio, come le propone Ted? No, Lorenza comprende appieno il messaggio “dirompente” che le viene dal passato, dalle “vite prigioniere” delle donne, dalla sua stessa madre; ora le è chiaro ciò di cui ha bisogno: la sua libertà.
Il romanzo, perciò, si chiude con un’apertura straordinaria: per Lorenza ci sarà un cambiamento di luoghi, ruoli, stereotipi mentali.