MORE VENETO
Romanzo
Padova, Cleup, 2017
In copertina:
Giorgione, Ritratto di vecchia (Col tempo), Venezia, Gallerie dell’Accademia
Il libro è dedicato alla memoria della madre dell’autrice, insegnante Anna Arciero
Maria Pia Codato,
“Un racconto di Venezia analizzata in epoche diverse. Nel romanzo di Daria Martelli More veneto”. Intervista con Daria Martelli. Il Gazzettino VE 20 febbraio 2018.
VENEZIA Ha usato tutti i colori della tavolozza per dipingere Venezia, in epoche diverse: gli anni Ottanta del Novecento e il Cinquecento. Daria Martelli, nel romanzo, edito da Cleup, “More veneto”, secondo l’usanza dei veneziani, al tempo della Serenissima, di far incominciare l’anno il primo di marzo, descrive una Venessia di febbraio, sempre uguale a se stessa: nebbia, acqua alta, Carnevale, turisti, gabbiani, gatti, odori, sapori. E il dialetto, così amabile e colorito, che s’insinua tra calli e campielli, insieme con l’odore di salsedine e di muffa, o il profumo di folpeti, bigoli in salsa, sfogi, galani. Ma anche la tristezza dello spopolamento di abitanti e gli altri aspetti già allora problematici della città. In questo ambiente unico si immerge Lorenza, una giornalista arrivata da Firenze, in crisi per la separazione dal marito e la morte della madre. Nella Biblioteca Marciana, dove svolge ricerche per la sua attività, si imbatte in “un’eccellente letterata veneziana, Limpida Sorgente, autrice di un dialogo mirabile intitolato Il giardino delle donne”, cancellato nella storia tradizionale.
Le atmosfere e gli incontri a Venezia quali effetti hanno su Lorenza?
“È la «venezianità», l’identità comunitaria o genius loci nel senso di caratteristiche del luogo, che cercano Lorenza e Ted, lo studioso statunitense che diventerà il suo «compagno di viaggio» per la vita, due foresti colti e sensibili. Proprio la «singolarità» di questo ambiente fa appello alla singolarità di ciascuno: fa scoprire diversi da quello che si credeva di essere, con un effetto «liberatorio e rigenerante», come alla fine annota sul suo Journal de voyage Lorenza, seduta sul gradino di un ponte, rimasto asciutto nella Venezia sconvolta dall’acqua alta.”
Perché la vicenda è ambientata negli anni Ottanta?
“Ancora non era incominciata l’era digitale e questo va tenuto presente per una certa percezione del tempo e del passato, che può risultare estranea ai cosiddetti «nativi digitali». In quegli anni il costume si era rapidamente evoluto e la condizione femminile era progredita, pur persistendo retaggi patriarcali, infatti Lorenza e l’amica Dia sono ormai donne nuove. La nuova storia delle donne era nata negli anni Settanta, ma negli spazi separati del movimento femminista, e negli anni Ottanta ancora non aveva visibilità e legittimazione nella cultura ufficiale”.
Quali le differenze e i punti d’incontro tra Lorenza e l’antica scrittrice?
“Lorenza – aggiunge l’autrice – si sente accomunata a lei da una condizione femminile che ha le radici nel passato e dal nodo della maternità. Infatti l’antica scrittrice è morta di parto all’ennesima obbligatoria gravidanza, una morte allora molto frequente, che ha troncato la sua giovane vita e la sua attività creativa. Lorenza coglie nella propria condizione persistenze sotterranee e rimosse, che solo con la consapevolezza può superare, in una specie di rielaborazione psicoanalitica del vissuto: quello della sua relazione coniugale ormai chiusa e quello della madre morta da poco”.
La protagonista del romanzo che cosa scopre nelle pagine dell’autrice del Cinquecento?
“Incontra una donna di lucida intellettualità e di grande cultura, un’eccezione nel suo tempo, e interroga la sua sofferta diversità tra le donne che la circondavano”.