SCRITTRICE O SCRITTORE?

Una ricerca di genere sulla creatività letteraria

Saggio

Prefazione di Gabriella Imperatori

Padova, Cleup, 2015

In copertina:

I segreti dell’anima. Scultura di Romeo Sandrin.

Il libro è dedicato alla memoria della madre dell’autrice, insegnante Anna Arciero

In Appendice:

Interviste con Gina Lagorio, Francesca Duranti, Grazia Livi, Carla Cerati, Giuliana Berlinguer, Paolo Ruffilli.

 

La condizione della scrittrice nel Seicento. Lucrezia Marinelli, Essortationi alle donne et a gli altri, se a loro saranno a grado, 1645, Capitolo II.

Laura Bertolotti,
Recensione, Leggere Donna,  a. XXXVI, n.170, gennaio febbraio marzo 2016. 

Scrivere è attività misteriosa e sfuggente, come il pensiero creativo che la sostiene. Nel suo saggio Scrittrice o scrittore? Una ricerca di genere sulla creatività letteraria, Daria Martelli ci permette di entrare nell’officina delle scrittrici del passato, quando le donne dovevano superare ostacoli di ogni tipo per scrivere e pubblicare le loro opere, e poi parla delle scrittrici di oggi che, talvolta, vedono ancora sminuito il loro talento, appunto perché donne.

Introdotto dalla puntuale prefazione di Gabriella Imperatori, il discorso dell’autrice fa trapelare il suo passato giornalistico e le interviste illustri, peraltro raccolte nel libro, in appendice. Con una tecnica narrativa particolare, tale da rendere accessibili contenuti complessi a un pubblico non avvezzo alla saggistica. Senza semplificare, ma giovandosi di un solido impianto storico, corredato da citazioni accurate, l’autrice sviluppa il suo discorso attraversando il presente e pescando nel passato, con una miriade di esempi assai godibili.

Condotto rigorosamente con ottica di genere, come recita il sottotitolo, il testo si pone come ideale proseguimento del precedente Le parole di ieri sulla donna. Una ricerca di genere sulle nostre radici culturali (Cleup 2012), perché viene sottolineata l’importanza del linguaggio che veicola stereotipi e chiusure, qualificandosi come mezzo potentissimo per dare ordine simbolico alla realtà. L’essere umano non è neutro e uomini e donne hanno avuto storie millenarie diverse e diverse condizioni sociali, giuridiche, culturali e simboliche. In un passato, neanche troppo remoto, alle donne scrittrici, per accreditarsi autorevolmente nella società letteraria maschile e maschilista, non restava che privarsi della propria femminilità, a partire dal nome, adottando uno pseudonimo maschile. Fu uno stratagemma largamente usato tra Ottocento e Novecento da scrittrici del calibro di Charlotte Brontë, Mary Ann Evans, conosciuta come George Eliot e Amandine Lucie Aurore Dupin, la nota George Sand.

Finalmente, ai giorni nostri, il termine “scrittrice” pare essersi spogliato di connotazioni negative, ma bisogna ancora fare i conti con l’uso sessista del linguaggio, ci ricorda Daria Martelli. Per esempio, nell’usare il maschile come neutro universale e così perpetuare l’asimmetria dei generi: «Sono le parole che stabiliscono l’ordine simbolico e poiché la disparità dei generi è stata per millenni simbolica, simbolica deve essere anche la parità».

Ma quali sono le condizioni che favoriscono la creatività letteraria? L’autrice sostiene che essa non sia una dote certa, piuttosto «uno stato sempre labile e incerto, che conosce momenti di grazia e di crisi». 

Bisogna avere, prima di tutto, la libertà mentale, o fiducia nel proprio pensiero, che consente di giocare con le parole per farne scaturire significati nuovi. E poi, il tempo. Per scrivere c’è bisogno di tempo, quale strumento tecnico per migliorare l’opera, farla lievitare. Lo stile si costruisce scrivendo e riscrivendo, nel tempo. Infine, occorre “una stanza tutta per sé”, la stupenda metafora di Virginia Woolf, a significare non tanto e non solo un locale in cui appartarsi, senza essere interrotte o distratte, ma anche il tempo necessario alla creazione e il rispetto che si riesce a ottenere dagli altri per le proprie esigenze intellettuali e spirituali. Perché, afferma Daria Martelli, «scrittrici, molto più faticosamente che scrittori, non si nasce, si diventa».